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7° Quadro - Effetto Giorno Lyrics

E tu mi guardi, eh!...
Ma chi sei?
L'annunciazione?

No, il testimone.
Come se non li conoscessi abbastanza i miei errori!
Perché?
Ce ne sono degli altri?
Ma cosa vuoi?
Lo scontro?
Ce l'avrai, ce avrai tra un po'.
Mi ero accorto infatti in quei giorni che Lui scendeva a mangiucchiare in cucina, oltre che di notte, anche quando io telefonavo.
Ci feci caso quella volta che mi chiamò Gabriella.
Fu un po' strana quella telefonata.
Non ci vedevamo da un po'.
Lei aveva una voce più tenera del solito, più profonda.
Non è che avesse niente di particolare da dirmi, però sentivo che non voleva chiudere.
Continuava scherzando dolcemente come se quella mattina si fosse svegliata con un'immagine di me d'altri tempi: una meraviglia di uomo.
Doveva essere sola in casa.
Mi vergognai subito di questo pensiero come se improvvisamente mi fosse venuta voglia...
Si, avevo voglia di lei...
E poi quel suo tono...
non potevo sbagliare.
Infatti poco dopo lei, quasi sussurrando... "
Avrei voglia di fare l'amore..." No, forse non mi disse proprio cosi...
qualcosa del genere.
Anche più imbarazzante.
Avevo sentito dire che ci sono quelli che riescono per telefono...
A me non era mai capitato.
Diffido del telefono.
Mi blocca.
Non riesco neanche a dire... 'cara'.
Ma quella volta li...
Non sapevo cosa fare.
Mi viene fuori 'anch'io' che lei forse non sente nemmeno.
Però avverto il suo respiro, un po' affannoso, insinuante, sconveniente...
anche. "
Si, Gabriella...
me la ricordo quella camicetta di seta...
ma ora..."
Oddio...
in cucina...
E' Lui...
proprio ora...
non è il momento.
No, no, Gabriella...
volevo dire che è un momento bellissimo..." Intanto Lui è di là.
Lo sento.
Ma si, certo che sono solo.
Chi vuoi che ci sia?" Maledetto!
Non mi lascia mai in pace.
Viene qui a rubare, a rosicchiare...
a spiarmi!...
No, no...
dicevo che qualcuno ci potrebbe sentire.
Scusa Gabriella...
non ce la faccio.
Ci vediamo presto, prestissimo.
Scusa, eh...
cerca di capirmi.
Ciao."
Non mi ha capito.
Non l'ho vista per tre giorni.
lo invece avevo capito che avrei potuto sorprenderlo alla prima telefonata.
Bastava non rispondere, appostarsi dietro la porta, e colpirlo.
Già, ma con che cosa?
Con l'ingegno tipico di chi non si fida della propria forza fisica, applicai con cura alla mia mano una tavoletta di legno duro.
Faggio evaporato, credo.
Un'arma impropria, ma di grande efficacia: un robusto prolungamento del braccio.
Ero li, tesissimo, pronto a scattare.
Un occhio alla cucina, un occhio al telefono.
Non chiamava nessuno!
Tutti, tutti, mi rompono le scatole continuamente, nei momenti meno opportuni!
Avevo bisogno di un complice.
Gabriella?
No, per carità.
Mi feci chiamare da mio figlio avvisandolo che non avrei risposto.
Lui in questo periodo capisce sempre meno, di me.
Forse si preoccupa, ma non mi fa domande.
E dopo un po': Drinn!
Eccomi dietro la porta...
Drinn!
Due squilli.
Silenzio...
Vado!
Niente.
Il tavolo era li...
con le sue bricioline...
E di Lui neanche l'ombra.
Ah, ho capito, sei più furbo di quanto pensassi.
Non era solo lo squillo del telefono, ma anche la mia risposta...
si, la mia voce nel corridoio che gli dava la certezza del 'via libera': una bella associazione, non c'è che dire.
Piazzai un registratore col comando a distanza vicino al telefono con incise le mie più credibili risposte.
Con mio figlio non ci furono problemi per farmi chiamare.
Mi chiese solo 'come stavo' e forse non si riferiva alla mia salute.
Ecco, tutto pronto...
sono qui, dietro la porta...
Ora o mai più.
Drinn!
Drinn!
E la mia voce registrata: "
Pronto...
Ah, sei tu...
Non c'è male, non c'è male..."
Sttt!
Questa volta abbocca.
E' come se lo vedessi.
Scende dai tubi.
Ci impiega tre secondi.
Scientifico.
E' sul tavolo, credo.
Dev'essere sul tavolo.
Vedi, l'astuzia?! ...
Tra due secondi Ulisse entra in campo.
Speriamo di aver calcolato bene,,,
Si, eccolo li ...
PAM!
Una botta tremenda.
Mancato!
Lui schizza, scarta, fugge.
Do un calcio alla porta.
La chiudo.
Lo inseguo.
Non può più scappare.
Tenta di salire sul tubo.
L'avevo previsto...
PUM!
Lo riatterro.
Ecco, lo stringo all'angolo.
Ci esce.
No, ce lo rimando.
Non può più fare niente.
Mi avvicino...
terrore...
mi avvicino e...
PAM! ...
IIIIHH!
Un grido...
Niente, si rovescia...
morde, anche...
Ahi!
La mano...
Vigliacco!
PIM!
PUM!
PAM!
tre colpi di seguito...
Ecco, è ferito...
sto vincendo, sto vincendo...
si, ai punti...
non mi basta.
Ecco...
PUM!
Colpito...
K.
O...
Si, lo finisco, senza pietà.
No, si rialza, più veloce di prima.
Schizza sotto il tavolo.
PUM!
Ahi!
l'occhio...
si, il mio...
sullo spigolo.
Barcollo.
Sto per cadere.
E' un attimo.
Vedo strano, alonato.
un sogno.
Lui sale, sale, sale.
lo scendo, scendo, scendo.
Peccato.
Fine del sogno.
PUM!
Svenuto.
Trasformazione in '
Effetto sera'
Mi svegliai con un gran male alla mano e una ferita all'arcata sopracilliare destra, ma ero calmo.
Non mi lamentavo.
Era come un'ovattata costipazione dentro la testa e negli occhi...
e nello spirito.
Una specie di sorda costipazione dell'anima.
Forse abbandono la lotta.
Che senso ha?
Tutto quello che accade in fondo, mi lascia indifferente, apatico.
Sento di non avere più un filo di energia vitale.
Però respiro.
Dev'essere un istinto ritmico involontario.
Tutto è involontario!
Anche la morale, forse, è come...
incorporata.
Però preme, preme dal di dentro.
E mi dice che non posso abbandonare.
Non si può vivere...
in quel raffreddore dell'anima.
per questo che si ha bisogno di un nemico...
si, anche inventato.
Questa assurdità del 'superare', questa spinta alla lotta, questa finta corsa alla vita e alla morte, di cui noi non abbiamo alcuna parte cosciente...
è il nostro tormento e la nostra delizia.

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