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Cioccolato I.A.C.P. Lyrics

La mia adolescenza moderatamente inquieta è trascorsa in un blocco di caseggiati dell'Istituto Autonomo Case Popolari.
Un luogo protettivo dove i miei amichetti conobbero le droghe pesanti senza passare dal via.
Quel gruppo era la prova, solo allora vivente, che quelle leggere non sempre hanno la colpa di tutto.
Era un quartiere caratterizzato da una solidarietà sempre meno intensa anno dopo anno
E i cambiamenti della popolazione furono rapidi
Ma il nostro campetto era sempre lo stesso

Al campetto i tossici giocavano a pallone con noi ragazzini senza alcun timore di venire cacciati.
L'ordine del segretario della sezione del partito comunista era:
"potete stare qui ma non spacciate ai nostri figli e non vi fate davanti a loro."
Non andò proprio così, ma almeno ci aveva provato.

Quel campetto attirava gente strana,
Era una terra di tutti e quindi di nessuno, ma molto attrezzata:
Panchine, verde, il centro sociale degli anziani sempre aperto.
Lo spettacolo della tombola pomeridiana con gli strafattoni che duellavano con i fagioli insieme alle pensionate era stupefacente.
Molto più della facile battuta.
Molto più divertente del bingo di adesso.

La loro presenza e le loro debolezze attiravano alcune ragazze dall'estrema periferia del nostro impero.
Una era addirittura di Roncocesio, che per noi pionieri era come dire Vladivostok.
Eppure Barbara ogni santa giornata, non si sa come, compariva al campetto.
Capelli biondi stratinti,
Rossetto da battona autoprodotta, naso tempestato di punti neri e quindici anni molto randagi.
Dopo aver ripetuto spesso la terza media senza alcun giovamento aveva piantato la scuola, e ogni volta che poteva Scappava dalla sua frazione agricola per raggiungere un centro del mondo abbastanza ipotetico.

Barbara era un tormento ormonale irresistibile.
Le leggende su di lei si sprecavano.
Un pomeriggio passò sotto la mia finestra spalancata,
Camminava torva vicino al davanzale nera con il suo trucco esagerato e i suoi pori dilatati.
Al mio timido saluto si illuminò e disse: "dammi qualcosa da mangiare."
Varcò la soglia di casa mia circospetta, ma quando le presentai del pane e un pezzo di cioccolata ci si avventò grata e felice.
In quel caseggiato proletario nutrire un'affamata pareva dare ancora qualche soddisfazione
Lei, lei con una ricrescita di due centimetri e la permanente disfatta,
Dettagli a cui non diedi molta importanza,
Si accomodò sul letto senza nemmeno guardarmi,
E non credo ricordasse il mio nome ma pareva molto più serena ora che stava mangiando.
Mi misi al suo fianco e mi sentii inadeguato alla sua esuberanza
Mentre io ancora mi attardavo in giornali porno.
Tentai una conversazione che non venne nemmeno vagamente considerata,
Non mi ascoltava, ma poi disse:
Sei stato carino.
I miei amici grandi sono solo degli stronzi.
Non sono come te, sei un ragazzo pulito e per bene.
Adesso, adesso ti faccio un pompino.

No, no, no, non dice sul serio.
Aiuto, terrore, molto più che per i tossici.
Mi rendo conto molto in fretta che ci sono cose per cui non serve la licenza mediaM
Dopo qualche minuto, veramente pochi, si alza, si pulisce le labbra, finisce l'ultimo pezzo di pane e se ne torna al campetto.
Un pompino in cambio di un Toblerone.

I condomini I.A.C.P. negli anni '80 di una città filosovietica riservavano economie alternative molto convincenti
E quel terrore, quella sorpresa di una scoperta così mistica
E quel campetto che poi vide morire un'intera generazione di oppiacei e malattie conseguenti
Mi regalarono un momento che per tutti gli anni a venire, se così si può dire, accese le mie fantasie.
Barbara non tornò mai più, preferì mantenere le sue abituali frequentazioni.
Morì di overdose dopo qualche anno passato sui viali d'EmiliaM
Viali dove fu subito sostituita da qualche nigeriana dai capelli stirati e senza titolo di studio.
Barbara, Barbara dovrebbe aver lasciato una figlia,
Una figlia che oggi avrà poco più dei suoi anni di allora.
Vorrei poterla conoscere quella figlia e rivedere in lei i punti neri sul naso che aveva sua madre.

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