Eppure io nella mia vita ho conosciuto delle persone...
no, non so se le ho conosciute, o mi piace immaginarle...
si, delle persone che riescono a vivere con estrema naturalezza.
Per loro la vita è una cosa...
semplice.
Si, è cosi che dovrebbe essere, ma non è.
Purtroppo attraversavo un periodo in cui mi uscivano fuori, senza che lo volessi, tutti i dubbi della mia esistenza.
Mi ricordo quei giorni come un incubo, un incubo a porte chiuse.
Non so da quanto tempo vivevo in quella casa come se non esistesse più neanche il giorno e la notte.
Possibile che fosse Lui la causa di tutto?
Certo, la sua presenza non era casuale.
Si, lo incolpavo, e glielo dicevo, anche.
Ma Lui non se la prendeva affatto.
Non è certo con le parole che si migliorano le cose...
E poi gli urlavo, gli tiravo degli oggetti...
Lui si scansava appena.
Lo rincorrevo...
forse Lui, forse la sua ombra.
Devo anche avergli scritto una lettera, mi pare...
Niente, non aveva più nessun ritegno.
Mi passava accanto tranquillo.
Giocava con le mie cose.
Aveva capito tutto...
il mio lavoro, la macchina da scrivere, anche il videotape...
Lo usava, si faceva i primi piani, credo...
perché poi l'ho visto sullo schermo.
Non mi sembra di averle fatte io, quelle riprese...
brutte, sfocate...
Basta!
Non ne posso più.
Basta.
Devo eliminarlo.
La colla!
L'arma micidiale.
Me ne frego del decoro, della lealtà.
Lo devo distruggere.
Prendo il barattolo e il pennello.
Con un grosso cacciavite tento di scalzare il tappo.
Ecco, ce l'ho fatta.
Ho il pennello nella mano destra e nella sinistra...
Niente, nella sinistra mi si è incollato il tappo.
Maledizione!
Queste operazioni sono più difficile di come te le raccontano.
0 gli altri sono più bravi?...
Non importa.
Tento di liberarmi del tappo scrollando la mano.
Niente.
Cerco di aiutarmi con l'altra mano.
Dal pennello cadono alcune gocce.
Accidenti!
Ora il tappo si è attaccato alla mano destra.
Ci vorrebbe una terza mano.
Sto per avvicinarmi con la bocca.
No, per carità!
Mi fermo in tempo.
Che impresa!
Mi avevano detto che la poteva usare anche un bambino.
Ma perché non me lo mandano, il bambino.
Cosi ce lo incollo e lo lascio li!
In qualche modo riesco a dare un po' di pennellate.
La sostanza è appiccicosissima, impiastricciante, schifosa.
La stendo dove so che Lui passerà.
Dopo un po' il pennello non scivola, anzi...
si attacca al pavimento.
Lo tiro con forza...
a destra, a sinistra.
Alla fine si stacca violentemente.
Faccio un balzo indietro.
Perdo l'equilibrio.
Sto per cadere.
Istintivamente mi proteggo con una mano.
CIAK!
Incollato...
incollato.
Non Lui.
lo...
Maledizione!
Dopo ore di ingegnoso lavoro, e con l'aiuto di solventi miracolosi, mi appostai per aspettare la sua discesa.
Ero sicuro che non avrebbe tardato.
Ma come?
E' già qui?...
Da dove è passato?
Evidentemente il maledetto ha usufruito di un altro percorso.
Bene!
Ora ti insegno a vivere.
Ho capito.
Devo imbrattare tutto.
Si, collante da tutte le parti.
Per mia difesa usai delle assi di legno...
delle specie di passerelle, per muovermi a mio agio sul pavimento ormai impraticabile.
La casa, se si poteva ancora chiamare cosi, sembrava l'interno di un manicomio abbandonato.
Pezzi di formaggio sparsi, altri avanzi, tavole, cacche di topo, di gatto, barattoli, tappi, cacciaviti...
Ora sudo grosse gocce che mi cadono sugli occhi e mi annebbiano la vista.
Ecco, come in un'immagine un po' allucinata, vedo Lui che cammina tranquillo usufruendo dei miei percorsi...
si, le tavole.
Diabolico!
Lo sa che passando dove passo io è tranquillo!
Carogna!
Infame!
Mi strappo la camicia di dosso e furibondo mi scaglio sul nemico per ingaggiare una lotta primordiale.
Lui si ripara appena dietro un barattolo.
lo lancio un urlo, digrigno i denti, gli balzo addosso col corpo e con la faccia in una lotta bestiale, tremenda e primitiva.
Tanto primitiva, quanto inutile.
Lui non c'era più.
Forse non c'era mai stato.
IV Quadro
Effetto sera
Ora io, o meglio...
quello che rimaneva di me, con la barba un po' lunga e i vestiti sporchi e appiccicosi, sedevo adagio in cucina.
Non avevo più la forza per tentare di vincere o la generosa rinuncia per vincere alla rovescia.
Ero in balia degli eventi.
Mangio un po' di miele, perché no?...
Il miele mi cola sul tavolo, sulle mani, sui vestiti.
Eccolo, il Grigio, ritorna.
Ormai fa quello che vuole.
Va, viene...
Ora sale sul tavolo. "
Bravo!...
Cosi, più vicino...
Vuoi un po' di miele?
Te lo metto qui...
Ecco, questo è il tuo".
Non lo vuole. "
Non è mica colla, è buono.
Non vedi che lo mangio anch'io?" Ma si, diamogli il miele che ne ha bisogno...
Un po' di calorie!... "
Cos'è?
Non lo mangi?" Ah, ho capito: "
Ma no!
Questo è il mio.
Ce l'hai li, il tuo".
Niente, vuole il mio.
Testone. "
Ma toh!
Prendi"...
Dall'esterno si avvertono in lontananza i lampi e i tuoni di un temporale.
L'attore, nell'esatta posizione dell'inizio della commedia, è seduto su una poltrona con una coperta sulle spalle.
Dopo un allucinante dialogo col topo in cui sembra ormai quasi completamente devitalizzato, piano piano ritrova la forza per immergersi in un'invettiva crescente che arriva a toni altissimi di folle disperazione).
Un lampo...
lontano.
Un altro, più vicino.
Bello il temporale! "
Ti piace?" Non gliene frega niente.
Non mi ascolta.
Anzi se ne va.
A me piacciono i lampi.
Vastissimi e brevissimi.
Enormità istantanea.
Tutto...
e presto.
In un lampo c'è tutta la vita...
Boh!
Grigio!!!
Dove sei?
So a cosa stai pensando.
Si, ormai lo so.
E vorrei anche dire a chi non vuol vederti o preferisce ignorarti che in quanto ad astuzia e malvagità tu superi qualsiasi immaginazione.
Crudele!
E infedele, anche!
Ora che sai che non posso più fare a meno di te, che ti penso sempre...
mi abbandoni.
Mi manchi.
Lo sai, vero, che mi manchi!..." Mi tradisce.
Mi tradisce per un altro.
Che faccio?
Rimango qui ad aspettarlo?
Chissà quando torna!
se ne approfitta.
Potrei andare con un altro topo.
Il famoso 'chiodo schiaccia chiodo'.
E' che quando sei in preda alla gelosia...
non ce la fai ad andare con un altro.
Si, la gelosia ha il potere straordinario di illuminare di raggi intensissimi quell'unico essere che ti ha tradito, e di tenere tutti gli altri esseri nella totale oscurità.
Forse non è amore.
Sono raggi, ma per me...
brilla!
Brilla!
Chissà da chi è andato a farsi vedere cosi brillante! "
Traditore!
Prima mi hai mangiato l'ombra.
Poi mi sei entrato dentro per divorarmi.
Ma non credere che io stia per morire.
Lungi da te l'idea che questo sia il canto del cigno.
Tu hai davanti a te un mostro ancora vivo, e più cattivo di prima.
Un mostro di cui sono lieto tu possa scorgere solo il viso, sicuramente meno orribile dell'anima che tu non vedi".
E se l'anima non è bianca è perché Dio è cattivo con gli uomini.
A Dio piacciono i fiori, e il verde, e i paesaggi.
Ma odia gli uomini.
Dio!
Dio!
Dio!
Me l'hai mandato tu quel lurido topo che rimescola tutta la melma della mia vita!
Si, la mia vita...
un campionario di aborti che non ho mai avuto il coraggio di raccontare neanche a me stesso.
Ma tu li vedi, dall'alto, eh! ...
Non te ne importa...
Te la racconto io, la mia vita.
Perché ora lo so cosa sono.
Mi ero costruito per sembrare intelligente, sensibile, affettuoso, quasi perfetto...
quasi una persona!
E ci ho creduto anch'io.
Ma da dove mi è passata la vita, la gente Si, gli amici, gli amori?...
Neanche un marchio, un nome inciso si, tatuato...
qualcosa che mi abbia lasciato un segno...
sul corpo...
una radice profonda!
Non una sola cosa che sia diventata parte di me.
E la mia bontà?! ...
Quando mia moglie impazziva si, nevrosi, dottori, d'accordo, ma intanto impazziva davvero per me, per il nostro sfacelo.
E io, che facevo?
Era più facile che mi venisse una lacrima per un filmaccio di terza categoria che per lei.
Ma era giusto cosi.
Certo, perché lei era brutta, nella sua sofferenza.
Estetico fino al profondo delle mie budella...
davanti agli altri non ho sbagliato mai!
Cercavo di assomigliarti, Creatore!
Ma non ho mai sprecato una goccia di sangue e di sudore...
per gli altri!
E allora, Dio, lascia che io sfoghi i miei sentimenti!
Ne ho ancora abbastanza da provocarti fino alla morte.
lo colpirò la tua carcassa cosi forte da farne uscire le rimanenti parti di Bene che non ci hai voluto dare!
Si, quell'
Amore a noi sconosciuto che tu ci hai sempre nascosto, astuto bandito, perché l'uomo restasse quell'essere miserabile che tu hai voluto.
Si, perché se circolava un po' di quella sostanza, che si pensa sia dentro di te, allora si che avrei potuto smettere di essere cosi solo e abbrutito.
Perché è vero, io ho sbagliato...
con l'amore, con le donne, con la vita, con le cose serie e durature.
Si, son diventato tirchio...
anche nel lavoro.
Mi sono ritirato da tutto.
Mica per concentrarmi...
Per frustrazione...
si, per la paura di non essere all'altezza...
per la paura di deludermi!
Paura, sempre paura...
certo!
E quando Gabriella voleva venire a vivere con me, e voleva che l'amassi, e che amassi quella bambina...
di chiunque fosse...
No, io il mio debito con la specie l'avevo già pagato.
Ce l'avevo già un figlio, io!
E chi me lo dava il coraggio di ricominciare qualcosa di impegnativo...
Volevo star solo, certo.
Non me la potevo assumere una cosa cosi grossa!
Volevo star solo.
Vigliaccheria.
Vigliaccheria e stitichezza!
Ma tu ci godi, eh...
a guardare dall'alto la mediocrità!
E vero, non sono riuscito a essere niente.
Ma se il mondo è quello che vedo, se il mondo sono gli altri, allora io non mi pento affatto dei miei fallimenti.
Perché tu volevi che io facessi come tutti, che mi accontentassi di una convivenza tranquilla e pacifica.
Bene!
Se la vita dev'essere questa io ti dico che tutta quella fauna di delirio, di larve, di scoppiati, di droga, di delinquenza che è li fuori...
è l'unica risposta alla schifezza di mondo che hai creato.
Distaccato, avaro e asettico come un ingegnere meccanico, ti sei divertito a farci un cervello e un cuore perfetto...
coi suoi ventricoli e le sue orecchiette...
ma senza neanche un sentimento dentro!
Forse un po' di sentimentalismo, quello si.
E' la mia poesia...
sudaticcia e piena di languore.
Sensibilità astuta per nascondere l'aridità.
Meno male che poi le carognate tornano fuori sotto forma di bubboni che scoppiano...
si, nel sonno.
Illuminazioni che tirano fuori qualcosa...
brandelli di vita...
ma di quelli agghiaccianti.
Si, quando mio padre moriva...
e io l'ho assistito per giorni e giorni.
Paziente, bravo, il più bravo di tutti.
Non ne potevo più!
Gli avrei dato quintali di morfina pur di dormire.
E ho anche tirato un sospiro di sollievo...
quando ha chiuso gli occhi per sempre.
E mi sono inventato che era una liberazione per lui.
Non è vero!
Non è vero!
Era per me!
Sono stato contento quand'è morto!
Però piangevo, piangevo; lurido, egoista, schifoso!.
Sono più schifoso di quel topo di fogna che mi hai mandato.
Si, è proprio come me...
Sono io, siamo la stessa cosa...
pelosa e ributtante...
Tutte creature di Dio!
Ma guardatelo in faccia, questo nostro Creatore!
Com'è gonfio!
Si, prolifera insieme a noi, insieme al benessere.
Ma certo, si sta bene con le nostre comodità, le nostre invenzioni!
Con le nostre macchine a tremila cavalli!
Gli facciamo scoreggiare le valvole e siamo felici, no?...
Cosi, si dimentica un po' la vita.
Quella vera.
La sola.
Quella che starebbe dentro ogni uomo.
Nel cuore.
Non nella demenza del cervello!
Mi fa schifo questa idiozia, questa superficialità, questa finzione, questa sporcizia.
La detesto.
Ma non me ne posso liberare.
Me ne vado in giro chiudendo il mio marcio dentro...
si, con la stessa disinvoltura con cui maschero la mia impotenza quotidiana.
Però passo da buono, quello si ' Sono anche corretto e generoso.
Guarda con mio figlio.
Gli ho sempre dato tutto.
Sono un padre modello.
Non ho mai alzato la voce.
Ho fatto tutto quello che voleva.
Certo, dovevo farlo.
Dovevo farmi amare.
Ma io riesco solo a farmi ammirare, mai amare.
Perché non amo neanche mio figlio, va bene!.
No, non lo amo!
Non lo amo!
Hai capito, Creatore?
Ma tu, certo, mi perdoni.
E mi benedici.
E mi baci...
Si, nel profondo della tua Misericordia onnivora hai compassione di me, di tutti.
E invece di riscattare l'imbecillità cosmica, ti diverti a guardare nella fogna.
Torturatore intoccabile!
Voglio liberare l'anima perché prosegua da sola, e ti abbandoni, e ti bestemmi.
Guardami: sono tutta la tua sporcizia, sono un essere inutile con la presunzione di lasciare un segno...
si, della grande idiozia...
L'avidità, le speranze abortite, l'orgoglio, le stupide irritazioni, la demenza, le smorfie, la nevrosi isterica, l'angoscia vischiosa, la falsità, la scemenza del raziocinio, la piattezza, il cupo, le passioni simulate, il melodramma, i finti soli, i sonniferi, i mostri, il sudiciume...
il nostro sudiciume...
la desolazione...
la mamma...
le cosce...
i culi...
i ricordi di infanzia, la paura della masturbazione, dell'omosessualità...
la paura del mondo...
la paura di Dio.
Perché non è cosi per tutti?
Avete mai visto le spalle di un uomo che cammina davanti a voi?
lo le ho viste.
Sono le spalle comuni di un uomo qualsiasi.
Ma si prova una sensazione di sgomento.
C'è tutta la banalità umana.
Il grigiore quotidiano del capofamiglia che va al lavoro, o al suo focolare...
allegro.
I piaceri di cui è fatta la sua esistenza senza scampo.
Si, certo...
tutto dentro la naturalezza di quelle spalle vestite.
E io lo odio, quell'uomo.
E provo uno schifo fisico diretto, senza impegno, senza ideologie sociali.
L'intolleranza e il disprezzo che dovrebbe avere un Dio che guarda.
Certo che lo odio.
Perché attraverso quest'unico uomo li puoi vedere tutti.
Costui è 'tutto'.
E' l'operaio infaticabile.
E' l'impiegato che ride nel suo ufficio.
E' la servetta pettoruta che aspetta di sposarsi.
E' il nuovo ricco sempre più stupido e volgare.
E' il giovane inserito.
lo stesso niente, la stessa insensatezza e incoscienza di tutti.
Intelligenti, stupidi...
che vuoi che conti?
Vecchi, giovani...
certo, tutti della stessa età.
Uomini, donne...
si, tutti dello stesso sesso...
che importa?
Residui di persone che non esistono.
V Quadro
Effetto alba
Generalmente si ha la tendenza a credere che, quando un uomo è al massimo della propria degradazione...
si, quando il dolore...
non ti risponde più, e non sei neanche più capace di piangere...
dicevo, si ha la tendenza a credere che solo una grossa rivoluzione, un cambiamento totale...
si, 'il grande rimedio', sia l'unica possibilità di uscire dalla crisi.
In realtà la natura umana forse è meno esigente.
A volte basta un piccolo segnale, un suono, un odore, un presagio...
a ridarti un barlume di vita.
Potrà sembrare superficialità, ma in un'alba...
non so se vera o immaginata, dato che ero chiuso in casa da giorni ...
si, nel silenzio di un'alba, credo di aver sentito come il canto di un gallo.
Anzi, ne sono sicuro.
Ma è mai possibile che il canto di quel gallo mi abbia dato la forza di riprendermi da quell'interminabile assurdo delirio?
Certo, basta poco per ricordarsi che esistono le ore, i giorni, la gente.
Spalancai le finestre...
e, non solo era una bellissima alba, ma un nuovo gallo più giovane e squillante annunciava l'inizio di un giorno finalmente diverso.
Trasformazione in '
Effetto giorno'
Ecco, con un vigore imprevedibile, mi libero di tutta la sporcizia accumulata sui pavimenti.
Lavo, spolvero, strofino, ripulisco la casa da cima a fondo.
Uno splendore!
Corro in bagno.
L'acqua della doccia, prima bollente poi gelata mi da una sferzata di nuova energia.
Mi guardo allo specchio.
Il corpo nudo diventa più bello e statuario, levigato dall'acqua che scivola sulla pelle.
Dovrei lavarmi più spesso!
Ecco, sono un'altra persona.
Non so ancora bene perché faccio tutto questo, ma sono certo che è da qui che bisogna cominciare.
Forse qualcosa ho già in mente.
Infatti, senza neanche badare se Lui aveva notato l'evidente trasformazione della mia personalità, infilo la porta e me ne vado.
Forse Lui ora starà pensando che l'ho abbandonato.
E questo non mi dispiace.
I sociologi hanno scritto volumi sull'abbandono.
Pare che gran parte del dolore non sia procurato tanto dall'assenza, quanto dall'amor proprio ferito.
Sicuramente Lui è alle prese con questo dilemma.
Il che è già un sintomo di un'inversione di tendenza.
Ma quella non era che una piccola gioia imprevista nel mio grande disegno di vendetta.
Dopo qualche ora rientrai in casa con un grosso pacco di cui non svelo il contenuto per non rovinare la suspense finale.
Lui mi stava aspettando.
Ecco, è li, fermo sul pavimento, in mezzo alla stanza.
Anch'io mi blocco.
Siamo uno davanti all'altro.
Immobili, gli occhi negli occhi.
Si, l'appuntamento finale: o la vita, o la morte!
La tensione è al culmine.
I muscoli sono tesi, pronti a scattare.
E' questione di attimi.
Ecco, è il momento! ...
No, purtroppo non era ancora il momento.
Devo ammettere che mi sarebbe piaciuto.
Ma il mio piano era più elaborato, più sottile forse, ma non di immediata spettacolarità.
Per non insospettirlo feci finta di niente.
Mi pare anche di aver fischiettato un motivetto.
Ero sicuro che questo lo avrebbe innervosito.
Infatti poco dopo se ne andò.
Devo approfittare della sua assenza.
Non deve vedermi.
Afferro il pacco.
Al momento lo appoggio sulla poltrona.
Recupero le assi di legno...
quattro.
Meglio cinque.
Le sistemo lungo i nostri consueti percorsi fino ai piedi della poltrona.
E' li che lo aspetto.
Attorno alla poltrona le assi sono ricoperte del collante mortale, trasparente, per mia fortuna.
Accendo la lampada, scarto il pacco, ne sistemo ad arte il misterioso contenuto sulla poltrona, eseguo gli ultimi veristici ritocchi e mi allontano.
Prima di uscire piazzo il videotape e do un ultimo sguardo al mio capolavoro.
Una composizione iperrealista.
Sulla poltrona 'vera', illuminata da una luce 'vera', con in mano un giornale 'vero', ci sono io... 'finto'.
Mi spiego meglio: una copia perfetta della mia persona, un doppio di me in cartapesta...
con tanto di capelli umani, sopracciglia e ciglia, e occhiali...
i miei.
Nella sua complessità il mio piano era elementare.
Lui, che, rassicurato dalla mia presenza e dai miei passaggi, mi seguiva dovunque, mi avrebbe certamente raggiunto nei pressi della poltrona, ingannato dalla sua conoscenza visiva.
In fondo...
era un'animale!
Si racconta che il principe di Condè dormi profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi'.
lo, no.
Questa volta non tanto perché dubitassi del mio piano, quanto perché non dormivo all'aperto dall'epoca degli scout.
Le albe in campagna, l'ho già detto, sono molto belle.
Ma questa, ancora di più.
Apro la porta...
lentissimo...
come un giocatore di poker che spilla l'ultima carta.
La lampada è ancora accesa sopra la mia copia spettrale.
Il giornale ha cambiato posizione e ondeggia leggermente.
E ai miei piedi...
Eccolo li: inchiodato, immobile, stecchito...
il mio nemico.
AAAAAHHH!!!!
Vittoria, vittoria!
Ce l'ho fatta!
Sono libero, sono libero!
Saltavo per la stanza.
Ero felice.
L'incubo era finito.
Avevo vinto!
Improvvisai una specie di danza.
E correvo, correvo per la casa come un goleador che urla la sua gioia al pubblico.
AAAHHH!
Poi tornai da Lui, o meglio...
dal caro estinto.
E con un tono quasi amichevole che nascondeva una certa sufficienza... "
Non te la prendere, abbiamo battuto ben altri nemici!"
Anche se non ho mai dato grande importanza alla tradizione dei funerali, quella volta mi sembrò giusto prepararlo con una certa cura.
Fu una funzione semplice, ma sentita.
Deposi la piccola salma in una scatola da scarpe e la ricoprii con un po' di terra.
Per prudenza ci misi sopra una piccola croce.
Non credo fosse cattolico, ma non si sa mai!
La casa è tornata ad essere quell'oasi che tanto avevo desiderato.
Finalmente potrò lavorare in pace.
Per un attimo, quasi istintivamente, dò un'occhiata ai tubi.
Non riesco a definire con esattezza il mio stato d'animo.
Certo, mi sento liberato...
ma in qualche modo...
Niente, mi rimetto alla scrivania...
macchina da scrivere, chitarra, videotape...
Ah, già...
il videotape!
Voglio proprio vedere com'è andata.
Questa volta l'immagine è nitidissima.
Dopo un po' il topo entra in campo, adagio come sempre.
Cammina fino al punto limite del collante.
Poi si ferma e torna indietro.
Per un po' più niente.
Maledizione!
Schiaccio il bottone dell"avanti veloce'.
Ecco, ho esagerato, succede sempre cosi.
L'immagine è già alla fine col topo morto.
Riporto indietro velocemente.
Bene, ora Lui appare sul tubo all'altezza di cinquanta centimetri da terra, vicino alla poltrona.
Cammina adagissimo all'indietro.
All'indietro?
E perché?
Sta trascinando coi denti qualcosa...
0 mamma' E un topo morto.
E' la sua copia, il suo doppio...
Me lo scarica li: PUMM!
Grigio!
Beh?
Cosa credi di aver fatto?.
Mascalzone'
Roditore di anime!
Sei stato bravo, geniale...
una bella mossa.
Non lo posso negare.
Ma non credere che sia finita qui".
Mi accorsi subito che il mio tono era molto cambiato.
Lo insultavo, ma dietro le mie parole c'era...
come il piacere che Lui ci fosse ancora.
No, non il piacere.
La necessità.
Si, la necessità di qualcuno o qualcosa che non faccia addormentare i tuoi dubbi, che non ti faccia riposare sulle tue presunte comode poltrone.
Che strano!
Improvvisamente avevo capito che accettarlo e conviverci era come convivere con la vita, con me stesso, con gli altri.
Avete mai visto le spalle di un uomo che cammina davanti a voi?
lo le ho viste.
Sono le spalle comuni di un uomo qualsiasi.
Ma si prova una sensazione simile alla tenerezza.
C'è tutta la normalità umana.
La fatica quotidiana del capofamiglia che va al lavoro.
I piaceri di cui è fatta la sua precaria esistenza, Si, certo...
tutto dentro la naturalezza di quelle spalle vestite.
Quello che io ora provo per quell'uomo è una comprensione diretta, senza impegno, senza ideologie sociali.
Attraverso quest'uomo li posso vedere tutti.
Nessuno sa quello che fa, nessuno sa quello che vuole, nessuno sa quello che sa.
Intelligenti, stupidi...
che differenza c'è?
Vecchi, giovani...
certo, tutti della stessa età.
Uomini, donne...
Che vuoi che conti?...
Tentativi di persone che comunque...
esistono.
Si, quell'uomo è tutto.
Bisognerebbe essere capaci di trovare...
la consapevolezza e l'amore che dovrebbe avere un Dio che guarda.
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