Ero nel sogno della vipera
a mani nude fra le pietre spente
denti di lava fredda e nera
venuta a fiumi fino al mare
che lacera la pelle e cela
in ogni cavo un fiore d'ossa rotte
Con te ho provato a declinare il nome
che stava in fondo ai graffi nei tuoi occhi
fra case popolari e specchi
la tua smorfia di coraggio
un regno dietro una saracinesca
un regno sconcio quanto un'altalena
e ho chiesto al corvo sul tuo seno
gli ho chiesto ancora una volta:
dimmi chi sono, non dirmi quel che ero.
Che un uomo è un taglio nella stanza accanto
la tosse che si rompe contro i muri
e a un uomo resta una parola
confusa ai rovi degli incroci
e pronunciata poche volte
pronunciata sempre a bassa voce
I sorveglianti hanno serrato i ferri
mi prendo i morsi della tua bellezza
lasciami i segni sulla schiena
finisci adagio come i passi
lungo le scale che gli amanti
scendono adagio prima di partire
e ho chiesto al corvo sul tuo seno
gli ho chiesto ancora una volta:
dimmi chi sono, non dirmi quel che ero.
Ho chiesto a corvo sul tuo seno
gli ho chiesto ancora una volta:
dimmi chi sono, non dirmi quel che ero
non dirmi quel che ero
non dirmi quel che ero.
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