[Verde: settore di decompressione]
Potevano essere all'incirca le 9:55, forse le 9:57, quando mi apprestai a preparare la pietanza.
La scelta era caduta sui gnocchetti di ricotta e ortica, ricetta insegnatami da mia nonna che, a sua volta, l'aveva appresa una notte da un commesso viaggiatore durante la sua lunga permanenza, in veste di prima cuoca, presso un ristorante del centro. Uno di quei ristoranti che, non fosse per l'insegna ingiallita, passando in auto quasi non si notano, immersi in un piccolo giardino appena a lato della carreggiata.
Un ristorante che, alla fine degli anni sessanta, vantava, tra i propri clienti, numerose celebrità (lo testimoniano le innumerevoli fotografie appese nel corridoio d'ingresso) e che oggi, dopo l'ennesimo cambio di gestione, offre un menù fisso a 10 Euro.
Pur essendo un piatto monocromatico e, all'apparenza, dalla elementare realizzazione, il gnocchetto di ricotta e ortica risulta essere acerrimo nemico del cuoco inesperto.
A causa della mia esigua memoria, quel giorno decisi di appuntare su di un foglietto volante (con molta probabilità uno scontrino della spesa del giorno prima) gli ingredienti necessari nelle quantità consigliate:
400 g di ricotta romana
200 g di ortiche e farina
grana grattugiato
salvia, sale, pepe
e fondamentale: un uovo e una noce di burro.
Dovevano essere le 10.40. L'impasto si presentava morbido al tatto, dal verde un po' pallido probabilmente, ma dall'aroma inconfondibile.
Sereno e soddisfatto, come chi sa di aver fatto le cose con la dovuta precisione, lasciai il composto ad asciugare e mi stesi sul divano, pregustando un adorabile risultato e la soddisfazione, condita da una punta d'invidia, dei commensali.
...avvenne circa un paio d'ore dopo...
...la scena è ancora impressa in quadricromia nella mia memoria...
...li avevo lasciati ad asciugare adagiati sulla tovaglia cosparsa di farina.
Non me ne resi conto subito. Qualcosa scattò quando già li accompagnavo, ad uno ad uno, nella pentola d'acqua bollente opportunamente salata.
Non so se fu l'inusuale aridità del composto ad insinuarmi il dubbio. Avevo dimenticato qualcosa, un ingrediente, un passaggio forse... Lo sentivo, percepivo un'assenza pur non sapendo di cosa si trattasse...
Potevo essere stato così distratto?
Ero sicuro di aver seguito passo a passo la ricetta insegnatami da mia nonna che, a sua volta, l'aveva appresa una notte da un commesso viaggiatore durante la sua lunga permanenza, in veste di prima cuoca, presso un ristorante del centro:
- lavare l'ortica e cuocerla in acqua abbondante;
- mescolare ricotta, farina e grana;
- aggiungere ortica, uovo, pepe e sale;
- miscelare fino ad ottenere un impasto omogeneo.
A mente ripetei più volte tutti i passaggi. Per un attimo mi rividi alle scuole elementari, a fianco della cattedra, a recitare impaurito, a causa della scarsa preparazione, "L'infinito" di Giacomo Leopardi.
Stavolta era diverso: la poesia la sapevo bene, non c'erano dubbi, non poteva essere altrimenti.
Pochi minuti dopo, senza che potessi fare nulla per impedire il susseguirsi degli eventi, la pietanza era pronta.
Non avevo scelta, non rimaneva che assaggiare... di lì a poco avrei saputo la verità. Fu sufficiente un assaggio.
Con tutta probabilità chiusi gli occhi per una frazione di secondo pervaso da quel sapore così familiare...
Fui molto sollevato quando ebbi la conferma di avere una certa dimestichezza nella preparazione dei gnocchetti di ricotta e ortica per quattro persone!
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